versi

poesie al nero

guerraal povero mercenariomilite ignaromal di testaun, due, treurloquando sorsesandrino


 

Guerra

 Fianchi del mondo
a sussultare
Vedendo l’onda del dolore
sommergere vite
di fronti chiare
quando il gelo soppianta l’amore
il cielo guarda altrove e piange il mare.

Luigi Vittori


  

Al povero mercenario

 Ci sei ancora
sudando in luoghi spiaciuti
aprendo cammini precari
fra folle di folli invasati.

Ci fosti sempre
attento ai padroni dei cani
dei boschi, dell’arme e dei fati
di masse di schiene piegate.

E assente resti
all’alba di nuove giustizie
al viso di chi non dispera
di chi coraggioso si para

E assente fosti
al grido di chi cercò aiuto
al seme dell’uomo piantato
al degno sudore asciugato
al suono di un flauto incantato.

Luigi Vittori


 

Milite ignaro

 Milite
ignaro ti muovi alla battaglia.
Muovi te stesso, muoviti allo scontro
il nemico attende, sconosciuto
contro un panorama nero staglia
la sua figura, immoto.
Mai prima d’ora ne vedesti gli occhi
ma l’arma muovi contro a quella massa oscura.
senza chiederne il nome ad uno ad uno.
 

Luigi Vittori
 


 

Mal di testa

 Ssspinge
ssspinge
la meninge
e ssstrizzza la pupilla
rigida la mascella
si toccano i denti di dietro
dietro il collo, il collo
rigido e la schiena
sempre a torcersi
e sgarbugliarsi
ma il tentativo è vano.
Batte batte
batte la vena
la notte è eterna
e sale e sale
la voglia di morire
la noia noia noia
della vita
abbarbicata ad una cefalea.
i.

Luigi Vittori
 


Un, due, tre.

 uno, due, tre, quaranta licenziati
uno, due, tre, cento subordinati
uno, due, mille carcerati
un, due, tre, un milione di emarginati
 
uno, due, tre, in tanti ricordano ancora
uno, due, tre, il resto del popolo ignora
uno, due, i passi dei soldati
un, due, tre, terrore dei disperati

uno, due, tre, le madri degli scomparsi
uno, due, tre, di mille compagni persi
uno, due, bussano i secondini
un, due, tre, di notte restiamo vicini

uno, due, tre, gli scoppi delle bombe
uno, due, tre, le morti delle colombe
uno, due, rintocchi del campanile
un, due, tre, i fiori del mese d'aprile.

uno, due, tre, i giorni di primavera
uno, due, tre, che tornano quando si spera
uno, due, speravo quand'ero bambino
un, due, tre, ed ora ci sono vicino

vicino a quell'alba sognata
in cento nottate pensose
in cento smentite attese
in cento ricerche di cose
finchè la mia stella è tornata

non s'alzò più l'aeroplano
se non per volare lontano
nè il razzo bucando l'aria
se non nell'allegra baldoria

non ferro ma legno per l'arma da caccia
e onore a quel prode che il cibo procaccia
chiedendo ai folletti il permesso
fuggendo dell'elfe l'amplesso
rendendo l’omaggio al creato
restando sovente rapito
di fronte al mistero del mondo
del nulla di lui più profondo.


di fronte al mistero che sondo

Luigi Vittori
 


Urlo

Quando tu dormirai chiuso nella tua cassa
e l’ombra dei tuoi gesti avrà figliato infine
verrà a svergliarti un piccolo lamento petulante
che ti dirà di come il tempo passa
e quanto poco, a dire il ver, sia incline
ad omaggiare il pigro il conformista e l’ignorante.

 

Luigi Vittori
 


 

Quando sorse. 

Quando sorse il regno della regina nera
la tortura s’affacciò per reclamar tortura
furto e sopruso s’elevarono a legge
e a lor bastione s’erse la paura
gli aguzzini usciti dalle fogne
sparsero il sale sulle pelli abrase
torsero membra profondendo ingiurie
e torto a torto venne aggiunto allora.

l’uomo dormiva in mezzo a quelle grida
con occhi sigillati allo spavento
sordo agli appelli di potenze amiche
barbaro manovale degli inferni.
toccò per prima ai negri
che bene si distinguono all’acchitto
venne la volta poi dei mussulmani
indi gli anarchici e i comunisti tutti
e si svuotò il paese.

Luigi Vittori


 

Sandrino

sandrino
mi hai rubato il motorino
ma non sei pentito
l’ho intuito
da come sei partito
eppure io mi fidavo
non facevo caso
al tuo tremore
chissà, forse pensavo
ad altre cose
che al tuo immenso dolore.
sandrino
eppure mi hai sorpreso
forse un po’ ho capito
percepito
da come sei finito
eppure io mi fidavo
e non facevo caso
al mo torpore
chissà, forse pensavo
ad altre cose
che al tuo immenso dolore.

Luigi Vittori


ab ovo